Amazzonia: WWF, è infiammato il polmone della terra

Il 2024 è un anno di nuovi tristi record per l’Amazzonia e la mobilitazione per combattere l’emergenza dovrebbe essere globale, come ha ribadito il WWF proprio in occasione dell’ultima Giornata mondiale d’azione per l’Amazzonia.

La distruzione di una delle risorse naturali più vitali del pianeta, avrebbe conseguenze devastanti per la biodiversità e per le popolazioni indigene che vi vivono, oltre a compromettere la lotta contro il cambiamento climatico.

Il Brasile ha registrato oltre 110.000 incendi dall’inizio dell’anno, segnando il numero più alto dal 2010 e un drammatico aumento del 76% rispetto allo stesso periodo nel 2023, secondo l’Istituto brasiliano di Ricerche Spaziali (INPE).

Oltre un terzo di questi incendi si è verificato proprio nella foresta amazzonica, spesso definita il “polmone verde del Pianeta”. E’ il numero più alto dal 2005 e ben il doppio di quello registrato nel 2023.

Vista la gravità della situazione, un giudice della Corte Suprema brasiliana ha ordinato il governo brasiliano a mobilitare un “contingente maggiore di forze militari per combattere gli incendi.
Questa emergenza è mondiale.

L’Amazzonia, infatti, è la più grande foresta tropicale sulla Terra: oltre 550 milioni di ettari che ospitano il 10% della biodiversità globale, tra cui oltre 40.000 specie di piante e migliaia di specie animali. Inoltre, la capacità dell’Amazzonia di immagazzinare oltre 75 miliardi di tonnellate di carbonio è cruciale nella lotta contro il cambiamento climatico.

Il degrado di questa foresta metterebbe a serio rischio il raggiungimento degli obiettivi globali di limitare il riscaldamento a 1,5°C, rendendo urgente la necessità di proteggere e preservare questo prezioso ecosistema.

Il collasso dell’ecosistema amazzonico è accelerato anche dalla siccità estrema dovuta alla crisi climatica che prosegue dal 2023.

In 13 dei 20 bacini pluviali brasiliani le precipitazioni sono state molto inferiori della media, rendendo così la vegetazione più secca e infiammabile e quindi rafforzando l’intensità degli incendi e anticipando il loro picco, solitamente atteso a settembre, mese nel quale la situazione potrebbe, infatti, ancora peggiorare. Il 99% dei roghi sarebbe comunque stato innescato dall’uomo.

Negli ultimi 50 anni, circa il 17% della superficie della foresta amazzonica – equivalente a una superficie grande due volte l’Italia – è stato distrutto: se questa tendenza raggiungerà il 20-25% della foresta, l’Amazzonia potrebbe trasformarsi in una savana arbustiva nel giro di pochi decenni.

L’allarme non scatta solo per l’Amazzonia: sia in Cerrado che in Pantanal – la zona umida più vasta del mondo che ospita migliaia di specie di cui alcune a rischio estinzione – è stata registrata una delle più gravi stagioni degli incendi che ha colpito circa il 15% della sua superficie totale, causando la morte di migliaia di animali e minacciando l’habitat di specie cruciali come giaguari, ocelotti, tapiri sudamericani, alligatori, scimmie, ara giacinto e anaconda.