Per evidenziare il legame tra diritti degli animali e diritti umani, nel 1998 l’organizzazione britannica Uncaged ha inaugurato per la prima volta il 10 dicembre la Giornata internazionale dei diritti degli animali nella stessa data in cui si celebrano i diritti umani.
Ogni anno, infatti, milioni di animali vengono sfruttati e maltrattati dall’industria per produrre profitto.
Sono trattati come merci, senza riguardo per i loro diritti, soffrendo negli allevamenti e nei macelli a causa di maltrattamenti e soprusi.
Tuttavia, sono stati fatti importanti passi avanti nella tutela degli animali e nel riconoscimento dei loro diritti.
Attraverso uno dei suoi trattati fondamentali l’Unione europea riconosce gli animali come esseri senzienti, cioè capaci di sentire piacere e dolore, e si impegna per questo a tenere conto del loro benessere.
Se la legge spagnola li considera membri della famiglia, l’Animal welfare sentience Act del Regno Unito impone che la tutela degli animali sia presa in considerazione nelle decisioni politiche.
Nuova Zelanda, Perù e Svezia hanno leggi simili che riconoscono il valore intrinseco degli animali come esseri senzienti meritevoli di un trattamento etico.
Una storica riforma costituzionale in Messico da poco votata, inoltre, vieta il maltrattamento degli animali e impegna il paese a garantire la protezione, il trattamento adeguato, la conservazione e la cura degli animali.
Nella pratica però c’è ancora molto da fare per raggiungere sempre più cambiamenti concreti.
Tra le organizzazioni che in una Giornata come questa si mobilitano per mantenere accesi i riflettori sulle varie problematiche, il WWF ricorda come gli abbattimenti dei predatori apicali, come il lupo, non risolvano il conflitto con gli allevatori e non diminuiscano le predazioni sul bestiame.
In particolare, gli effetti del declassamento del lupo, se dovesse compiersi l’intero iter burocratico che si concluderebbe con la modifica della Direttiva Habitat, saranno diversi da quelli ipotizzati dalla proposta della Commissione Europea.
Gli abbattimenti, a quel punto compatibili con la nuova classificazione del lupo, possono provocare la destrutturazione sociale dei branchi per la morte degli individui dominanti, con conseguente aumento della predazione locale sul bestiame domestico non adeguatamente custodito.
L’aumento di individui solitari a discapito di nuclei familiari stabili può quindi avere effetti negativi anche a livello ecologico con una minore efficacia del lupo nel controllo delle popolazioni di ungulati selvatici (in primis il cinghiale) che, se sovrabbondanti, danneggiano le colture e il sottobosco.
L’abbassamento dello stato di protezione del lupo, inoltre, può diffondere un messaggio di minore gravità degli atti di bracconaggio a danno della specie e aumentare di conseguenza anche le uccisioni illegali, che già oggi colpiscono diverse centinaia di lupi ogni anno in Italia.
Inoltre, l’applicazione delle disposizioni che consentiranno l’abbattimento dei lupi sarà sicuramente oggetto di contenzioso in sede amministrativa in un settore che già oggi è fortemente caratterizzato da ricorsi giudiziari.
Questo è l’allarme – si legge, tra l’altro, in una nota del WWF Italia – rilanciata a seguito dell’approvazione definitiva del declassamento del lupo, da ‘rigorosamente protetto’ a semplicemente ‘protetto’, votata pochi giorni fa dal Comitato permanente della Convenzione di Berna.
Un declassamento che ha il sapore di un ritorno al passato, quando fino a mezzo secolo fa, i lupi venivano uccisi ed esposti come prede di caccia.
Declassare il lupo – conclude il WWF – significa per l’Europa un disimpegno dagli obiettivi di coesistenza e dai necessari investimenti in termini di prevenzione dei conflitti.